Senza esaurire la forza propulsiva del precedente percorso artistico, Egle Scroppo è pervenuta ad un rinnovamento della sua esperienza pittorica. E’ una ricerca, ora aggiornata, che l‘ha vista, in anni precedenti, esprimersi tramite una riduzione linguistica che aveva trovato la sua concreta manifestazione in strutture geometriche schematiche, soluzioni grafiche essenziali. In seguito, con forme sintetiche, dinamiche, a tinte piatte, con accostamenti audaci e un’impaginazione quanto mai originale, aveva delineato nei suoi quadri una scena più elaborata: animali, vegetali, simbologie e segni vettoriali dominavano lo spazio visivo non per descrivere o rappresentare la natura, ma per evocarne la forza, per liberare quell’energia nascosta che si estrinseca nelle immagini dell’esperienza onirica. Recentemente ha integrato la sua poetica con figure femminili, edifici, cenni di paesaggi che concepisce come una narrazione del suo universo personale: suggestioni evocative viste in modo rapsodico e frammentato. I personaggi corrono in varie direzioni in una visione simultanea e atemporale.
Formalmente si lascia ispirare da una moltitudine di estetiche perfettamente incorporate nella sua cifra pittorica dove vive un equilibrio fra un certo automatismo surrealista e un misterioso astrattismo lirico, tra ispirazione massmediatica e suggerimenti del linguaggio pop. Un connubio di stili sottolineato da un rutilante cromatismo. Sono pagine della sua fantasia che però sembrano messaggi che arrivano da un mondo lontano, forse un passato che ritorna. Domina su tutte le opere un aspetto favolistico se non visionario. E’ la creazione di una scrittura per immagini esemplificate.
L’artista nel dipingere rischiara una parte del suo inconscio, che prima era oscuro, invisibile, incognito e lo illumina utilizzando il colore. A volte accende il suo scenario di tinte calde, ma perlopiù il suo operare contiene qualcosa di umbratile, di lunare, di notturno. E’ un intrico di segni, personaggi, elementi fantastici che volano su dissolvenze cromatiche, che saturano completamente la superficie pittorica. E’ un fluire continuo di simboli ridotti al limite del graffitismo, segni sospesi nel vuoto che aspirano ad un legame, ad un’unione. Raffigurazioni umane, perlopiù femminili e animali si intrecciano e si mescolano e cercano una storia attingendo all’osmosi fra segno e diversi livelli di realtà trasfigurata, fra emotività e rappresentazione.
E’ una pittura che sembra suggerirci che la bellezza del mondo risiede nella pluralità dei suoi orizzonti, nel fascino degli enigmi che vivono nella nostra mente e che hanno urgenza di manifestarsi, in un momento di incantata sospensione della realtà.
Giovanni Cordero
Torino 25 settembre 2017